Fra i personaggi maggiori dell’audiovisivo francese, Hervé Bourges è morto a Parigi all’età di 86 anni il 23 febbraio 2020.
Il meno che si possa dire di lui è che non ha mai cessato di essere al centro dell’attenzione mediatica e politica almeno dagli anni sessanta in poi.
A 23 anni comincia la sua carriera in un giornale che ha segnato quegli anni (Témoignage chretien = Testimonianza cristiana). Dopo il servizio militare obbligatorio, il giovane Bourges s’impegna nella lotta anticolonialista. Diventa il principale collaboratore di Ahmed Ben Bella, colui che piu tardi diventerà il primo presidente dell’Algeria indipendente. Resterà per tutta la sua vita appassionato dell’Africa, specie di quella del Nord, che in quel decennio cominciava a scoprire il piacere dell’indipendenza, dopo che il Generale De Gaulle aveva deciso la fine dell’impero coloniale francese.
La sua seconda vita comincerà poi nell’audiovisivo e nei media. Verrà nominato Direttore Generale di Radio France Internationale (l’emittente francese rivolta ai paesi francofoni) grazie alla sua amicizia con Michele Cotta, che era presidente di Radio France a quel tempo. E questo contrariamente a quanto pensato da molti che attribuivano la decisione al Presidente Mitterrand (che invece non lo conosceva ancora a quell’epoca).
Da quell’inizio in una rete tutto sommato periferica comincerà una carriera che porterà Bourges al centro dell’audiovisivo francese. Molti lo pensavano radicale, ma in realtà era un personaggio assai piu complesso, che ha sempre rifiutato di appartenere ad un qualsiasi partito, perché era convinto profondamente che l’indipendenza dei media (a Yaoundé come a Parigi) sia uno dei fondamenti della democrazia.
La sua bussola di orientamento era nella complementarietà delle culture, basata sulla profonda convinzione condivisa con Leopold Sedar Senghor, che “il futuro dell’umanità è nella diversità culturale”, unita a quella -condivisa con Jacques Chirac, che nel 2006 dichiarava- “che è una pretesa irragionevole ed inaccettabile che l’Occidente abbia nelle sue mani il destino dell’umanità”.
Nel campo dell’audiovisivo pubblico francese, queste convinzioni venivano declinate nella volontà di fare una televisione adatta ai francesi come sono, e non come si vorrebbero che fossero. Una televisione di qualità si, ma popolare: questo era il suo slogan. Ed è infatti a lui che si deve la prima diffusione della serie USA “Santa Barbara” in Francia su TF1, di cui era divenuto responsabile. Una decisione avversata da tutto il mondo intellettuale, ma plebiscitata con favore dai telespettatori. Che però non gli impedirà , in quegli anni, di produrre due serie di altissima qualità culturale come “L’ami Maupassant” di Claude Santelli e “Série Noire” di Pierre Grimblat, che portarono i capolavori della letteratura francese sugli schermi della prima rete tv del paese.
A Tf1 dall’83 all’87 fino alla sua privatizzazione, decisa dal governo contro il suo parere. Poi a Radio Monte Carlo. Poi di nuovo alla TV pubblica (1990-1994) con il difficile compito di riunificare le due reti pubbliche rimaste (Antenne 2 e France 3) sotto il nuovo tetto comune di France Télévisions. Conclusa la sua carriera di manager TV, nel 1995 diventa presidente del Consiglio Superiore dell’Audiovisivo (CSA), l’autorità francese di tutela dei media. Ed è proprio in quegli anni che ospiterà a Parigi l’unica edizione di Eurovisioni svoltasi fuori da Roma, nell’ottobre 2000, nelle aule del Senato (Palais du Luxembourg) , nei locali del CSA e di Eutelsat.
Il “metodo Bourges” consisteva nella concertazione permanente, (all’africana, come gli dicevano prendendolo bonariamente in giro i suoi amici), con tutti gli attori dell’audiovisivo. Assai legato ai suoi collaboratori ed amici, era sempre di una lucidità estrema. Del mondo dell’audiovisivo diceva sempre “La televisione rende folli anche quelli che non hanno genio”, riferendosi anche a sé stesso.
Nel suo libro “Mémoires d’éléphant” (2000) scrisse “Ho attraversato dei momenti di totale isolamento alternati ad altri in cui ero fin troppo circondato da gente; momenti di dubbio alternati ad altri in cui ero troppo sicuro di me; momenti di coraggio alternati ad attimi di viltà o di rassegnazione. Forse ho in me una doppia natura, due maschere fra cui oscillo, che indosso ora l’una ora l’altra, seguendo il mio istinto.”
(testo in memoria scritto da Martin Even, uno dei più stretti collaboratori di Bourges a France Télévisions ed al CSA, membro di Eurovisioni)