INTERVENTO DI Giacomo Mazzone
Segretario generale Eurovisioni
Congresso usigrai – Milano Marittima 13-15/1/2025
INTELLIGENZA ARTIFICIALE: opportunità e rischi per le redazioni
PREMESSA:
Partiamo da alcuni fatti.
- Nel 2030 potremmo assistere alla fine del Digitale terrestre e dunque alla fine delle trasmissioni lineari cosi come le conosciamo. E ‘una delle conseguenze della WRC – World Radio Conference dell´ITU a Dubai del 2023- che ha fissato proprio al 2030 (salvo ripensamenti) la fine delle trasmissioni digitali terrestri per la TV
- Età media del pubblico: il pubblico medio RAI oggi ha 64, quello di Mediaset 58. Questi pubblici resteranno ancorati alla fruizione lineare fino alla loro estinzione. Ma dove sono finiti quelli sotto queste età medie ?
- La fruizione non lineare e su altri devices che la tv è arrivata al 30% e continua a crescere ogni anno.
CONSEGUENZE.
- Le tv (tutte, non solo RAI) perderanno il contatto diretto col pubblico che hanno avuto garantito sino ad oggi grazie alle reti di distribuzione controllate direttamente e dovranno passare -per raggiungere i loro pubblici- attraverso “gatekeepers” terzi: le reti satellitari, le reti broadband, le reti internet mobili;
- Anche la RAI, rinunciando al controllo di Rai Way -come prevede il memorandum of understanding firmato con EI towers- si troverà in questa situazione;
- Non avendo piu un accesso diretto e garantito al suo pubblico, la battaglia si sposterà su un altro terreno: quello del controllo dei dati. Raggiungerà i suoi fruitori, prevalentemente in modalità “push”, chi ha piu dati circa il suo pubblico, sulle sue abitudini di consumo, sulle sue preferenze, la sua dieta mediatica;
- Non sarà piu il pubblico a sedersi alle 20.00 davanti alla tv per vedere il TG1, ma sarà (eventualmente, se si sarà attrezzato per farlo da qui al 2030), il TG1 a raggiungere il suo pubblico all´ora piu adatta per ciascuno degli spettatori, sul suo device preferito o sul miglior device possibile a seconda dell´ora della fruizione potenziale: su Alexa o Siri fra le 7 e le 8 quando il pubblico e´in bagno per prepararsi ad uscire; sul telefonino o la radio dell´auto nel tempo di trasporto casa-lavoro (sempre che non si sia in smart working); sul PC dell´ufficio fra le 9 e 17.30 (salvo che nella pausa pranzo, di nuovo sul telefonino), e poi di nuovo a ritroso sull´auto o sul telefonino; o la sera sulla tv di casa o sul tablet a letto.
CHI VINCERA QUESTA NUOVA COMPETIZIONE PER L´ATTENZIONE DEL PUBBLICO ?
La risposta è una sola. Chi ha più dati sul pubblico, sulle sue abitudini, sui devices utilizzati, sui suoi spostamenti, le sue preferenze. Milioni di dati che permettono di profilare ogni individuo: non le “famiglie” del vecchio auditel, ma i singoli individui in ogni momento della loro vita. Anzi, per esser piu precisi, non solo chi ha piu dati , ma soprattutto chi sa meglio analizzarli, interpretarli e trasformarli in atti concreti automatizzati. Ad esempio, se io il lunedi sono malato a casa, riceverò l´offerta di programmi in modalità push direttamente sul mio tablet anziché sul pc dell´ufficio. Come faccio a saperlo ? per esempio potrebbe avermelo detto Alexa che ha notato che sono andato in bagno un´ora piu tardi e ci sono rimasto di piu del solito. Potrebbe averlo detto il PC dell´ufficio che quel giorno non è stato acceso…. Ovviamente le grandi piattaforme internet partono avvantaggiate in questa competizione perché hanno piazzato sensori ovunque nella nostra vita e ricevono e trattano queste informazioni in ogni momento.
MA ANCHE LA RAI (e con lei tutti i servizi pubblici europei) HA LE SUE CARTE DA GIOCARE:
- La RAI conosce (va?) i suoi pubblici come nessun altro. Lo dimostrano gli ascolti e i dati sul suo reach
- La RAI è la memoria storica audiovisiva del paese, di gran lunga più che i suoi competitors privati ed ha nei suoi archivi tutta la storia e la cultura del paese
- La RAI ha (aveva?) un rapporto di fiducia col suo pubblico, che non hanno i competitors privati.
- La RAI ha (aveva?) una capacità di proporre “di tutto, di più” ai suoi molteplici pubblici, in maniera differenziata, grazie ai suoi canali generalisti e tematici, la sua offerta segmentata su scala regionale
- Raiplay comincia a muoversi nel mondo dei dati e ha ormai una platea di 24 milioni di utenti.
E´poco ? forse, ma comunque è più di chiunque altro in Italia. E questo vuol dire che se non lo farà Rai non puo farlo nessun altro in Italia, e allora saranno i player globali a farlo al nostro posto.
CHE C´ENTRA L´INTELLIGENZA ARTIFICIALE CON TUTTO CIO` ?
Il collegamento fra i milioni di dati che ognuno di noi lascia dietro di sé e la dieta mediatica digitale che gli verrà offerta, è costituita proprio dall´intelligenza artificiale, cioè l´insieme di istruzioni che -mettendo in riga gli algoritmi e i dati raccolti grazie ad essa- impasteranno e cucineranno la dieta mediatica per ciascuno di noi.
L´I.A. ,infatti, non è una nuova tecnologia, ma una rivoluzione a 360 gradi che impatta su tutta la filiera dell´audiovisivo. Non solo sui giornalisti, ma anche sui mestieri tecnici, sull´amministrazione, sull´organizzazione, la trasmissione, la distribuzione, la profilazione dei pubblici.
Un processo inarrestabile che si imporrà comunque, e che quindi va gestito e negoziato nella sua introduzione, per prevenirne le applicazioni peggiori e incentivarne quelle positive e socialmente utili. Il sindacato esiste apposta per gestire i cambiamenti non per subirli…
C´è anche un modo brutale e semplice di usare l´intelligenza artificiale, che è quello di usarla banalmente per tagliare posti di lavoro e costi.
Ricordiamoci solo negli ultimi mesi intorno a noi Euronews ha licenziato 350 giornalisti in Francia sostituendoli con applicazioni di intelligenza artificiale, mentre il gruppo Springer in Germania ha licenziato 250 non solo giornalisti ma anche capiservizio e capiredattori, sostituendoli con algoritmi dedicati. Se il cambiamento non è gestito, non è sufficiente dire no: ci verrà semplicemente imposto e basta.
CHE CAMBIAMENTI SARANNO NECESSARI NELLE REDAZIONI PER GUIDARE e NON SUBIRE QUESTO CAMBIAMENTO ?
- Nelle redazioni ci vorranno non solo giornalisti, ma animali oggi esotici come software engineers ed esperti di algoritmi. Potrebbe esser questo un obiettivo da raggiungere già dal prossimo concorso ?
- Bisogna lavorare a costruire algoritmi di servizio pubblico. Quelli che esistono sul mercato -prodotti dalle grandi piattaforme digitali- sono finalizzati a massimizzare il profitto (=il tempo di attenzione consacrato ai social media), non a perseguire l´interesse generale. E qui sta la differenza sostanziale fra “digital media company” tanto conclamata nel contratto di servizio RAI e la “digital media company di servizio pubblico” di cui invece abbiamo grande necessità. Sono due cose completamente diverse nelle finalità, e quindi anche nell´organizzazione.
- Bisogna imparare a conoscere i nostri pubblici non in maniera generica, ma individuo per individuo. Passare dal broadcasting=da uno a molti (1920-2000) e dal narrowcasting (2000-2020) all´offerta individuale, da uno a uno…ampliando la strada già percorsa da Raiplay e facendo un uso responsabile, sicuro e protetto dei dati dei nostri cittadini utenti.
- Bisogna (ri) costruire con 60 milioni di italiani il rapporto di fiducia che il servizio pubblico ha ,bene o male, mantenuto durante i suoi 100 anni di storia;
- La newsroom unica, che si è provato a fare nel 2000 con la nascita di Rainews e che non è mai decollata in RAI (mentre è diventata pratica generalizzata in tutti gli altri servizi pubblici europei), va finalmente creata, ma riadattandola alla nuova filosofia dell´offerta individualizzata;
COSA SI PUO FARE DA SUBITO ?
- Sulla base di quanto detto prima, sarebbe utile che il sindacato dei giornalisti apra subito -su questi temi- un tavolo di confronto con l´azienda, anziché aspettare che sia lei a imporre i cambiamenti, magari in nome dell´efficienza, della razionalizzazione e del contenimento dei costi. Questo tavolo andrebbe aperto insieme a tutti gli altri sindacati perché il cambiamento dell´I.A. impatterà su tutti i settori dell´azienda, non solo sulle news.
- Ma questo tavolo, da solo, non basta. Ne servirebbe uno specifico coi direttori per le testate giornalistiche, perché da subito andrebbe regolato l´uso degli applicativi di A.I. generale nel lavoro giornalistico. La vicenda della news del Televideo su “Io capitano” scritta (male) da chat GPT e pubblicata senza intervento umano, mostra che già oggi c´è un rischio concreto. Errori come questi fanno un danno alla credibilità della professione in generale ed ancor piu alla credibilità del servizio pubblico. A questo proposito, sarebbe utile guardare a quello che fanno gli altri servizi pubblici europei, la maggiorparte dei quali si sono già attrezzati per gestire il cambiamento. La direzione news di France Télévisions ha già da oltre un anno una sua carta di riferimento per l´uso di questi strumenti che si applica a tutta la produzione di news della tv pubblica francese.
- La RAI non è sola in questo contesto, ma ha un punto di forza su cui può contare che è l´UER (o EBU se preferite) , cioè l´insieme dei servizi pubblici. Ormai da diversi anni questo organismo di cui la RAI è uno dei soci piu rilevanti, lavora attivamente su I.A. sia per i suoi aspetti giuridici (l´A.I. act dell´Unione Europea),che per quelli tecnologici (con la Direzione Tecnologie diretta da Antonio Arcidiacono), che per quelli giornalistici, discussi nell´ambito del gruppo news.
- Nel settore giornalistico, proprio l´UER ha anche avviato una concreta sperimentazione sull´uso dell´I.A. che si chiama “Perspectives”. E´ un progetto -guidato dalla Direzione Tecnologie dell´UER e realizzato da una ventina di televisioni pubbliche europee- che mostra come si possa usare l´I.A. per migliorare il lavoro delle redazioni e per espanderne la distribuzione. “Perspectives” prende pezzi nelle lingue originali dei vari telegiornali europei e li rende accessibili al pubblico del resto d´Europa usando l´I. A. per trascriverne il testo, per tradurli, per sottotitolarli, per archiviarli, per indicizzarli e questo in tutte le lingue europee.
Peccato che la RAI da questa sperimentazione si sia ritirata dopo il primo anno, col risultato che la RAI è fuori dall´esperienza più avanzata di uso dell´I.A. a sostegno del lavoro delle redazioni oggi in corso fra i servizi pubblici europei.
In questo senso è un problema serio anche il fatto che la RAI non abbia piu un suo rappresentante nel gruppo news dell´UER, che è uno dei luoghi di riflessione più avanzati in Europa sul cambiamento introdotto dall´I.A. nel lavoro giornalistico. Tutti i grandi servizi pubblici europei sono presenti in questo gruppo, ma non la RAI. A novembre di quest´anno ci saranno le nuove elezioni di questo gruppo e sarebbe importante che la RAI individuasse per tempo un candidato e ne preparasse in maniera adeguata la candidatura.
- Nel settore giornalistico molto si muove anche fuori dall´UER, con la carta promossa da RSF – Reporters sans frontières- sull´uso dell´I.A. nelle news; con le raccomandazioni del Consiglio d´Europa in materia e cosi via. Sarebbe utile studiarsi questi documenti e farne tesoro.
- La RAI ha annunciato due anni e mezzo fa la creazione di un gruppo di lavoro sull´I. A. annunciato in gran pompa dall´allora presidente e che poi si è trascinato stancamente fino a ora senza produrre risultati visibili, salvo uno: la scritta messa in coda ai TG, in cui si diffidano i giganti del Net dall´usare i prodotti editoriali della RAI per addestrare i programmi di Intelligenza Artificiale. Recentemente la sua responsabilità è passata alla Direzione dell´offerta editoriale e ci si aspetta che questo cambiamento possa passare dall´atteggiamento difensivo (l´”opting out” dei TG RAI per evitarne l´uso senza autorizzazione da parte dei LLM – Large language model).
UNA RIFLESSIONE PER CONCLUDERE:
Le grandi piattaforme Internet hanno annunciato la fine del fact checking sui loro social media, il che vuol dire, in sostanza, via libera alla disinformazione ed alle fake news intese come strumento estremo per incentivare la polarizzazione e la frammentazione dei pubblici.
Questo cambiamento è segno dei tempi e ridà centralità (e una grande opportunità) ai servizi pubblici. Tocca a loro fornire ai cittadini le informazioni in maniera corretta ed imparziale che i social media rinunciano a dare.
Ricordando un dettaglio non trascurabile. Un paese, una comunità che non riesce più ad avere una verità condivisa da tutti i suoi cittadini, è un paese che non ha futuro, una comunità destinata a scomparire.